lunedì, gennaio 09, 2006

Marcos come il Che


Una moto nera con tanto di stella rossa, il passamontagna sotto il casco, la pipa in bocca, un gallo chiamato Pinguino come mascotte e un blog . Dodici anni dopo il “levantamento indigeno” e dopo la marcia che nel 2001 portò gli zapatisti a Città del Messico e sulle prime pagine di tutti i giornali, l’otra campana lanciata dal Sub Comandante Marcos è partita dal San Cristobal all’insegna dei simboli e delle citazioni.
Da abile comunicatore qual è il leader dell’Ezln ha capito che per attirare l’attenzione dei media serviva qualcosa che colpisse l’immaginario collettivo. Così si è presentato a San Cristobal a bordo di una moto che ovviamente richiama la “Poderosa” del Che (anche se stavolta si chiama “Sombraluz”, ombra e luce) è ha dato il via a un tour che attraverserà tutti e 31 gli stati federali del Messico per arrivare il a Città del Messico. Ma al di là delle icone (che servono appunto per far passare il messaggio) l’obiettivo dell’Altra campagna è tutt’altro che pittoresco: provare a creare anche in Messico una nuovo modo di fare politica, dal basso, mettendo insieme tutte quelle forze anti neoliberiste e anticapitaliste presenti nella società civile.
Il fatto è che il prossimo 2 luglio (proprio quando Marcos arriverà nella capitale) in Messico si svolgeranno le elezioni presidenziali. Il candidato favorito in tutti i sondaggi è l’ex sindaco della capitale Manuel Lopez Obrador (detto “Amlo”), punta di diamante del Prd, il partito di centrosinistra. Amlo però non piace affatto agli zapatisti convinti che, nonostante le promesse elettorali, una volta al governo il nuovo presidente proseguirà con le solite politiche neoliberiste, di privatizzazione e di distruzione sociale portare avanti da Pan come prima dal Pri. Dal canto suo in effetti Obrador (definito da Marco «la mano sinistra della destra») ha ripetutamente sottolineato la sua predilezione centrista e moderata.
Per provare a dare una sterzata radicale verso sinistra alla politica messicana, con la “Sesta dichiarazione della Selva” , gli zapatisti a luglio hanno annunciato l’inizio dell’«otra campana», una campagna che riparta dal basso, dalla voce dei senza voce e dei “senza volto”, una campagna che tra gli obiettivi ha anche quello di ottenere una nuova Costituzione che finalmente «riconosca i diritti e la libertà del popolo, e difenda il debole di fronte al forte». E non a caso il primo gennaio a San Cristobal Marcos si è scagliato in particolar modo contro l’accordo di Chiapultepec, il patto pre elettorale firmato sia da Fox che da Obrador, insieme ai rappresentanti degli industriali. Un patto che a detta dei partiti servirà a garantire lo sviluppo e la crescita in Messico, ma che per gli zapatisti è un accordo con i "poteri forti" che vogliono mettere le mani sul futuro governo. Insomma l’emblema del tradimento di Amlo.
La questione è comunque piuttosto delicata e complessa: tra chi pensa che di fronte all’ipotesi di un rinnovo presidenziale per il Pan votare Amlo sia il male minore e chi teme che il ritorno di Marcos sulla scena e le accuse ad Amlo serviranno solo a portare via voti al centrosinistra e far vincere di nuovo le destre. Anche la Jornada, storico quotidiano di sinistra, non nasconde perplessità e dubbi sull’Altra campagna.
Una cosa però è certa. Ad accogliere Marcos e i comandanti zapatisti a San Cristobal il primo gennaio c’erano almeno 30mila indios che evidentemente al progetto zapatista ci credono. Soprattutto di fronte ad un America Latina che negli ultimi anni è riuscita a tingersi sempre più di rosso . Con Chavez in Venezuela, con il seppure contestato Lula in Brasile, con le sperimentazioni di Kirchner in Argentina e infine con l‘incredibile vittoria di Evo Morales in Bolivia. E proprio Morales ha chiesto al sup (adesso ribattezzato “delegato zero”) di essere al suo fianco il 22 gennaio prossimo quando giurerà come presidente della Bolivia. Il primo presidente indio.